L’appello è stato lanciato in ottobre con la campagna «Tutti in pista!»: la stagione sciistica inizierà come previsto malgrado la pandemia, spiegano le Funivie Svizzere, in collaborazione con Swiss Snowsports, la compagnia aerea Swiss e oltre 50 gestori d’impianti di risalita e stazioni sportive invernali. Un messaggio di speranza che ha avuto una buona eco a inizio ottobre, fino all’impennata dei casi di coronavirus due settimane più tardi. «A fine ottobre tutti vogliono andare sulla neve, spiega Berno Stoffel, direttore di Funivie Svizzere (FS). Ma la situazione è cambiata e ormai bisogna fare tutto il possibile per garantire la stagione». A tal fine, le FS hanno istituito un piano di protezione rigoroso, convalidato perfino dall’Ufficio federale della sanità pubblica. Con il suo pacchetto di misure destinato alle stazioni sciistiche, Berno Stoffel ritiene d’andar ancor più lontano del Consiglio federale: «L’uso della mascherina o di una sciarpa tubolare dotata di protezione è obbligatoria su tutti gli impianti, sia che si tratti di seggiovie o di tappeti mobili, sia mentre si fa la fila». Inoltre, le FS hanno regolarmente degli scambi informativi con i comprensori sciistici sui problemi e le esperienze riscontrati, dato che la maggior parte delle stazioni inizia un inverno insolito dopo una stagione estiva piuttosto calma.
L’estate è stata positiva per alcune stazioni che puntano maggiormente sulla clientela interna, mentre quelle che mirano ai turisti internazionali hanno visto la loro cifra d’affari sciogliersi. D’altronde, a fine settembre, il settore registrava una diminuzione della frequentazione del 18% rispetto all’estate 2019. «Le regioni della Svizzera centrale e dell’Oberland bernese hanno subito un duro colpo (-50%) a causa dell’assenza della clientela straniera», spiega Berno Stoffel. A titolo di confronto, il comprensorio turistico di Arosa ha conosciuto una crescita notevole quest’estate. Un record, secondo il direttore di FS.
Da parte sua, Glacier 3000 ha visto la propria clientela crollare del 25% da luglio a ottobre rispetto al 2019. Il comprensorio ha aperto le sue porte tutti i giorni dalla fine del confinamento lo scorso mese di giugno. «Dato che circa il 40% della nostra clientela è internazionale, siamo rimasti sorpresi in bene», spiega Bernhard Tschannen, direttore di Glacier 3000. Ha trascorso una stagione calda molto interessante accogliendo svizzeri provenienti da tutto il Paese. Dal 28 settembre, grazie alle importanti nevicate, è di nuovo possibile sciare sul ghiacciaio, mentre la stagione avrebbe dovuto iniziare in novembre. «Vogliamo dare un segnale positivo aprendo le piste», sottolinea.
Sul ghiacciaio, oltre all’obbligo della mascherina per i collaboratori e i clienti nei luoghi previsti, il trasporto in funivia è limitato su base volontaria a 80 persone (prima erano 125) e i finestrini restano aperti durante il tragitto di 7 minuti. «La nostra clientela deve sentirsi sicura e a proprio agio. Ragione per cui non abbattiamo i prezzi per non attirare più persone». Una strategia privilegiata anche da FS.
Ben accolte, le misure hanno potuto essere testate durante l’estate, ma alcuni punti restano problematici. Nel canton Vaud, l’applicazione SocialPass permette di registrarsi al proprio arrivo e all’uscita dai ristoranti (nel canton Vaud chiusi almeno fino al 30.11). «Dato che ci troviamo a cavallo dei cantoni di Berna, Vaud e Vallese, alcuni clienti non conoscono l’applicazione», spiega Bernhard Tschannen, che vorrebbe un sistema uniformato per tutta la Svizzera. Secondo lui è necessario informare regolarmente la clientela quando fa la fila e ricordare le misure sanitarie, come l’uso della mascherina e il distanziamento. «Gli sci permettono già una certa distanza, ma non basta», aggiunge.
Anche la gestione del personale rappresenta una sfida sul ghiacciaio. Mentre alcuni lavoratori francesi sono usciti a fine ottobre da una quarantena pianificata, gli altri possono direttamente mettersi all’opera dopo l’attualizzazione della lista dei Paesi a rischio per la Svizzera. In caso di car pooling, i collaboratori devono portare la mascherina e devono assolutamente mantenere le distanze nelle loro pause. «Dobbiamo rimanere rigidi verso noi stessi», conclude Bernhard Tschannen.
La mancanza di clientela estera sarà compensata da quella elvetica? Berno Stoffel di FS risponde spiegandoci che le 10 più grandi stazioni invernali accolgono una clientela costituita per il 42% da stranieri. Senza i mercati asiatici e americani, la stagione sarà difficile e, anche stavolta, gli svizzeri non compenseranno questa carenza. Per contro, secondo il direttore di FS, i piccoli comprensori o quelli di taglia media con una clientela pendolare saranno meno toccati. E per cercare di motivare un po’ gli appassionati, insiste sul fatto che le uscite sulla neve saranno ben più piacevoli: «Senza i clienti stranieri ci sarà più posto sulle piste quest’inverno».
E se i comprensori sciistici dovessero chiudere quest’inverno?
A dipendenza dell’evoluzione della pandemia in Svizzera, è possibile che il Consiglio federale chiuda completamente le stazioni sciistiche quest’inverno, un divieto che può essere decretato anche a livello cantonale. I comprensori sciistici devono essere pronti a ogni eventualità. «Non penso che un simile scenario sia immaginabile, dichiara Berno Stoffel, direttore di Funivie Svizzere. Le conseguenze per il ramo turistico svizzero sarebbero notevoli e il Consigliere federale Alain Berset, che ho incontrato a metà ottobre, ne è cosciente».
Economicamente, l’inverno è decisivo per i trasporti a fune svizzeri. Gli impianti di risalita generano circa il 73% delle loro entrate annuali in questo periodo, o per alcuni addirittura il 90%. A tal proposito, Glacier 3000 e Moléson sono le eccezioni con il 54%, rispettivamente il 70%, degli introiti generati in estate (anno 2018). «Ma tutto dipenderebbe dalla durata e dal periodo di chiusura, precisa Véronique Kanel, portavoce di Svizzera Turismo. Le vacanze di Natale, come pure i mesi di febbraio e marzo (vacanze scolastiche) sono determinanti per la stagione invernale».
Già nel mese di marzo, durante l’interruzione anticipata della stagione, il settore degli impianti ha subito una perdita di guadagno di oltre 300 milioni di franchi, e ciò malgrado la stagione fosse iniziata bene, con una frequentazione che superava del 10% la media quinquennale (a fine febbraio). «Al tempo stesso, il settore alberghiero ha registrato una diminuzione dei pernottamenti del 23,9% rispetto al 2018/19», indica Véronique Kanel. Secondo Berno Stoffel, alla chiusura degli impianti era seguito direttamente un esodo dei vacanzieri, privando le regioni montane dei mezzi finanziari derivanti dal turismo.
Secondo il direttore di FS, una riduzione dei ricavi superiore al 30% sarebbe molto delicata per la maggior parte delle stazioni e ne minaccerebbe un terzo. E a pesare sarebbe soprattutto lo stato del loro bilancio contabile, piuttosto che la taglia del comprensorio sciistico.
Le società molto indebitate e che hanno effettuato numerosi investimenti saranno particolarmente a rischio. «È tutta una questione di liquidità», riassume Berno Stoffel. I crediti concessi in primavera nell’ambito del Covid-19 hanno aiutato molto il settore, ma non basteranno se la mannaia della chiusura dovesse compromettere la stagione. Da questa decisione scaturirebbero due conseguenze per le stazioni: «Bisognerebbe trovare del denaro per sopravvivere a corto termine e bloccare di colpo gli investimenti». Non dimentichiamo però che il rinnovo degli impianti era già stato ritardato a causa della crisi dell’euro nel 2015, quando il settore degli impianti di risalita era di nuovo sulla buona strada.
«Abbiamo fatto delle proiezioni al di sotto della media. Gli imprevisti meteorologici e l’assenza di gruppi internazionali avranno pure un ruolo importante quest’inverno», spiega Bernhard Tschannen che s’aspetta una ripresa tra 2 o 3 anni, a meno che non arrivi prima un vaccino. «Facciamo del nostro meglio per rispettare le misure ed evitare una chiusura. In un caso simile, sarebbe fondamentale ridurre i costi e trovare delle fonti di reddito per il dopo Covid», specifica il direttore di Glacier 3000. Una strategia di diversificazione che si è già rivelata pagante al Moléson, dove si punta maggiormente sull’estate. «Tuttavia, le nostre spese sono più importanti in inverno – revisione dei battipista, personale esclusivamente invernale ecc. –, saremmo quindi in pericolo in caso di chiusura totale. Ma non penso che tutto l’inverno sarà… confinato », spiega Antoine Micheloud, direttore degli impianti del Moléson.
Ma cosa succederà con gli abbonamenti in caso di chiusura? La maggior parte delle stazioni lo rimborserà proporzionalmente ai giorni di chiusura dovuti al coronavirus. «Questa certezza è un aspetto essenziale per i clienti», ci dice Véronique Kanel. Malgrado tutto, Stoffel notava già a fine ottobre una diminuzione del 20-25% delle vendite d’abbonamenti per questa stagione.
Testo: Aline Beaud
Foto: Léandre Duggan, Adobe Stock, Hä?
L’importanza degli impianti di risalita svizzeri
73%
È la percentuale della cifra d’affari generata in inverno per il trasporto di persone.
16 027
Il numero di collaboratori nel ramo degli impianti di risalita in Svizzera.
2459
Il numero d’impianti di risalita svizzeri che beneficiano di una concessione federale o di un’autorizzazione cantonale. (Stato: fine 2018)
1,39 miliardi
La cifra d’affari generata da questo settore
nell’inverno 2017/18 e l’estate 2018. In totale, il prodotto del trasporto di persone in inverno ammonta a 728 milioni e quello estivo a 269 milioni. La ristorazione e il settore alberghiero generano 268 milioni e 127 provengono da altri prodotti.
250 000 fr.
È il costo di gestione di una giornata in
un grande comprensorio sciistico (oltre
25 milioni di cifra d’affari). Questo costo
ammonta a 66 600 fr. in una stazione di
taglia media (tra i 5 e 25 milioni di cifra
d’affari). A titolo di confronto, la gestione
giornaliera dello zoo di Zurigo ammonta
a 76 000 fr.
1 persona su 4
Nelle regioni di montagna, una persona
su 4 lavora direttamente o indirettamente
per il turismo.
Fonte: Funivie Svizzere, 2019
Il prodotto faro dell’inverno
La sciarpa tubolare con mascherina integrata farà senz’altro scalpore quest’inverno, sia sulle piste che altrove. In Vallese, la ditta hä? commercializza dei prodotti testati in laboratorio e conformi alle raccomandazioni della Swiss National Covid-19 Science Task Force. Lavabile e alla moda, quest’accessorio 2.0 unisce l’utile al dilettevole per la stagione sciistica 2020/2021. Da notare che può essere indossato anche nei trasporti pubblici e ovunque vige l’obbligo della mascherina. Resta una domanda: come si potrà distinguere questa sciarpa tubolare con protezione sanitaria da un’altra?
Diversi modelli, 39.90 fr.,ha-wear.com
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