Il duo Oren Ezer e Hanan Rumbak ha grandi obiettivi. Con la loro start-up «ElectRoad» i due israeliani vogliono rivoluzionare la mobilità elettrica e rendere il trasporto pubblico il più possibile senza emissioni inquinanti. In breve, la loro idea suona così: dei cavi di rame nell’asfalto, collegati alla rete elettrica pubblica mediante la loro tecnologia speciale «ElectRoad», dovrebbero ricaricare gli autobus di passaggio con un sistema a induzione. Sotto ogni veicolo si trova infatti un ricevitore per l’approvvigionamento di corrente senza contatto, che alimenta il motore elettrico.
Questo nuovo sistema dovrebbe anche far risparmiare un sacco di soldi: grazie all’approvvigionamento di elettricità dalle strade non c’è più bisogno di batterie grosse e pesanti. E meno il veicolo pesa, meno energia consuma. «Questo metodo rende il trasporto pubblico nettamente più a buon mercato di tutti gli altri: che siano autobus con motore diesel oppure dotati di costose batterie», afferma Ezer.
Nel frattempo, sono riusciti a conquistarsi come partner la grande compagnia di autobus israeliana DAN, nonché il grande interesse del ministero dell’energia. In Israele si svolgerà un primo progetto pilota. Ezer e Rumbak sono in trattativa anche con le autorità dell’isola svedese di Gotland per un tratto di prova di due chilometri. La decisione cadrà già a marzo.
Se i primi test avranno successo, i due ingegneri intendono mettere in circolazione alcuni bus con il loro sistema sui 18 chilometri di strada tra la città portuale di Eilat e il nuovo aeroporto di Ramon. «La tecnologia stradale intelligente è il prossimo passo per lo sviluppo del trasporto pubblico mondiale», dice convinto Ezer.
La prova che le piste ciclabili solari funzionano è già stata fornita nel 2014 da «SolaRoad», un consorzio formato da un istituto di ricerca olandese, dalla provincia Olanda Settentrionale e dall’azienda di trasporti Strukton. A Krommenie, vicino Amsterdam, è stata testata la prima ciclopista del mondo dotata di pannelli fotovoltaici. Su un tratto di 70 metri sono state inserite celle solari avvolte di vetro.
L’idea alla base: produrre energia senza inquinare o danneggiare l’ambiente in un territorio densamente popolato. «Le nostre esperienze sono solo positive: la ciclopista è stata accolta molto bene, è sicura come le altre e produce più energia del previsto», conclude Sten Dewit, responsabile commerciale di «SolaRoad». Le sfide poste alla società erano grandi: lo strato superiore del rivestimento stradale doveva lasciar passare più luce solare possibile, essere repellente allo sporco e assolutamente antiscivolo. In primo piano c’era la sicurezza dei ciclisti. Inoltre la manutenzione della pista ciclabile doveva avvenire senza sforzo particolare.
Già dopo un solo anno era emerso che i pannelli solari installati nel manto stradale producevano ben 70 kWh/m² di elettricità invece dei 50–70 kWh/m² previsti. E questo in un paese non particolarmente soleggiato. Nel 2016 il tratto di prova era stato prolungato di 20 metri con una nuova generazione di celle solari e ottimizzato con un nuovo rivestimento stradale, aumentandone così la capacità a 90 kWh/m². Nel 2018 «Sola-Road» ha sperimentato altre ciclopiste solari più corte, di cui due sempre in Olanda. «L’energia prodotta nel progetto di Groningen alimenta la batteria ad acqua salata di una bici elettrica, mentre la ciclopista della provincia dell’Olanda Meridionale genera la corrente per l’illuminazione stradale», dice Sten Dewit spiegando l’utilizzo.
Tuttavia i costi sono ancora troppo alti. Il progetto originario di Krommenie è costato tre milioni di euro, ma includeva tutte le spese sostenute, dai primi lavori di ricerca fino all’analisi finale. «Ottimizziamo costantemente il design. Non appena potremo lavorare su scala industriale, i costi scenderanno», afferma Dewit.
Anche in Francia si stanno compiendo intense ricerche sull’impiego dei pannelli solari nelle strade. La società Colas, filiale dell’impresa di costruzioni francese Bouygues, e la Segreteria di Stato per l’energia atomica CEA hanno dato vita ad una collaborazione denominata Wattway. Si sviluppano pannelli solari per carreggiate del traffico motorizzato. Questo test è iniziato alla fine del 2016 a Tourouvre in Normandia. Nel frattempo si è riscontrato che i veicoli generano molta più ombra e sporcizia delle biciclette, il che si ripercuote sulle prestazioni energetiche dei collettori solari.
Attualmente sono in corso 35 progetti in tutto il mondo. «Il clima e la crescita del traffico influenzano in modo massiccio le prestazioni dei collettori solari», afferma Etienne Gaudin, capo di Wattway. «Per esempio, a Boulogne-Billancourt vicino Parigi produciamo 40 kWh/m², mentre sull’isola della Réunion 130 kWh/m²». Il sistema non è adatto alle strade a forte traffico, perché i veicoli e i passanti proiettano troppe ombre. Wattway ha dato buoni risultati per alimentare semafori, stazioni di ricarica, telecamere di sorveglianza o inforadar, non serviti dalla rete elettrica comunale. E come fonte aggiuntiva di energia, se lo spazio disponibile per i pannelli solari è già esaurito, specie nelle città e negli agglomerati densamente popolati, dove il terreno è una costosa merce rara.
Anche in quest’ultimo caso, un fattore negativo è costituito dai costi elevati. Ad esempio, da tre a sei metri quadrati dotati di pannelli solari costano circa tra i 15'000 e i 20'000 euro. «Noi però non forniamo solamente i collettori per le strade, ma anche tutto il necessario per l’uso delle attrezzature, fino alla presa di corrente per potersi allacciare alle stazioni di ricarica», precisa Gaudin.
Testo: Juliane Lutz
Foto: ALD, SolaRoad
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