Isabelle Marchand è stata la prima soccorritrice del TCS. Entrata in servizio nel 1994, per sette anni questa automeccanica di Estavayer-le-Lac ha svolto innumerevoli interventi, talora buffi. La pioniere non ha mai avuto problemi a farsi accettare.
Cosa l’ha spinta a diventare soccorritrice stradale?
Isabelle Marchand: La prospettiva di aiutare le persone in difficoltà. All’epoca lavoravo in un’officina a Basilea. Il lavoro mi garbava, ma avevo 22 anni e naturalmente volevo sperimentare qualcos’altro. Quando sono rientrata a Estavayer-le-Lac dopo due anni trascorsi nella Svizzera tedesca, mi è capitato sotto gli occhi un annuncio del TCS che stava cercando un nuovo pattugliatore per la regione di Losanna.
L’idea mi allettava e ho inviato la mia candidatura senza starci a pensare.
L’attività ha poi soddisfatto le sue attese?
Sì, mi gratificava molto poter essere utile alle persone. Inoltre ero relativamente autonoma, potevo decidere da sola come risolvere questa o quell’altra panne. Mi piaceva non sapere come sarebbe stata la mia giornata e cosa m’aspettava sulle strade. E anche dovermi occupare di tutte le marche e modelli d’auto, dalla 2CV ai bolidi tipo Ferrari.
In quei sette anni è restata l’unica donna in seno alla pattuglia del TCS?
Lo ero quando ho cominciato, in seguito si è aggiunta una collega nell’area di Zurigo. Comunque non ci siamo mai incontrate di persona.
A quei tempi, nel lontano 1994, i soci non erano sorpresi che fosse una donna a soccorrerli?
Forse in un primo momento; sia gli uomini che le donne erano stupiti quando arrivavo a bordo della vettura di pattuglia; ma le reazioni sono state perlopiù molto positive. Ad essere sincera, tutti coloro che ho assistito hanno sempre mostrato di fidarsi completamente delle mie capacità professionali.
E i colleghi, l’hanno accolta altrettanto bene?
Assolutamente, mi hanno accettata fin dal primo giorno. Devo però dire che non mi sono mai lamentata o tirata indietro con il pretesto che una mansione non era adatta ad una donna. Ero semplicemente una di loro e chiedevo aiuto solo se qualche compito superava le mie forze fisiche.
Il suo carattere gioviale l’avrà senz’altro aiutata nei rapporti con i colleghi?
È vero che sono una persona allegra e alla mano, ma al tempo stesso sono determinata e ho il polso fermo. Per me è stato chiaro fin dall’inizio che non ci sarebbero state differenze di trattamento: facevo un lavoro da uomo e non ci sarebbero state eccezioni solo perché ero una donna. Questo atteggiamento mi è subito valso il rispetto e la stima dei miei colleghi.
C’è qualche episodio che ricorda o che l’ha colpita particolarmente?
Un giorno sono stata chiamata da una signora che doveva avere circa un’ottantina d’anni. Mi ha salutata appena e mi ha chiesto se ero davvero un automeccanico. Le ho risposto scherzosamente che ero parrucchiera, ma che ero in grado di ripararle il guasto. L’anziana non ha capito la battuta e mi ha proibito di toccare il veicolo. Non sono stata a discutere e mi sono fatta sostituire da un collega. Un’altra volta sono dovuta intervenire per una gomma bucata. Vedendomi scendere dalla mia Opel gialla, il socio ha preferito rimboccarsi le maniche e sbrigarsela da solo. Ho pensato che probabilmente non voleva farsi aiutare da una donna per una questione di orgoglio maschile. Non ho insistito e non me la sono presa. Al contrario, l’ho trovato divertente.
Isabelle Marchand, 48 ans, è sposata e ha una figlia e due figli. Automeccanica qualificata, oggi la 48enne insegna religione in una parrocchia.
Testo: Juliane Lutz
Foto: Fabian Hugo, LDD
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