Due esperti ne spiegano i meriti e espongono le speranze riposte in un’evoluzione tecnologica costante.
A Davos, l’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe (SLF) li ha già integrati come strumenti d’osservazione che permettono una simulazione ottimale al computer dei pericoli naturali. Il primo anello preventivo della catena. Perché in Svizzera i droni hanno dato prova della loro utilità anche nell’ambito del soccorso in montagna. Ricerca di persone scomparse; esplorazione di terreni pericolosi o difficilmente accessibili; visione globale in caso di eventi eccezionali; aiuto nella documentazione: i droni fungono ormai da rinforzo alle flotte d’elicotteri e assistono le risorse umane messe a disposizione di alpinisti, sciatori ed escursionisti in pericolo.
Un esempio ci viene da Sion, dove due droni che possono essere muniti di una fotocamera ottica o termica completano, dal 2018, il parco velivoli d’Air Glaciers. Pascal Gaspoz, responsabile della Maison François-Xavier Bagnoud du sauvetage, elenca i vantaggi di questi apparecchi: «Le ricerche sono semplificate e il tempo di localizzazione è ridotto. L’intervento è facilitato nelle zone difficili, poiché il drone è più agile di un elicottero nell’evitare ostacoli quali le linee ad alta tensione». Senza dimenticare, ovviamente, il costo ben inferiore. «Infine, il drone assiste le colonne di soccorso permettendo di trasportare per via aerea del materiale leggero, come mezzi di sussistenza o materiale radio».
Vediamo ora qual è la situazione a livello nazionale. Rolf Gisler possiede una licenza «DUE» – riservata ai professionisti – della Federazione svizzera dei droni civili (FSDC) ed è responsabile specializzato in seno al Soccorso Alpino Svizzero (SAS). L’organizzazione è incaricata dell’assistenza in montagna nel nostro Paese, fatta eccezione per il Vallese. Ci spiega che finora sono tre i diversi tipi d’apparecchio acquistati a scopo di test. «Ma saltuariamente vengono utilizzati dei droni esterni o privati, quindi il numero d’apparecchi in funzione al SAS non può essere quantificato con precisione».
In merito alla formazione di piloti, il responsabile riconosce che c’è ancora da fare: «Per ora non formiamo nessuno. Ma in maggio si terrà una riunione speciale droni del SAS. Saranno allora definite le possibilità e verranno fissate delle priorità».
Per molto tempo, le immagini raccapriccianti dei cerbiatti mutilati dalle falciatrici hanno suscitato commozione, ogni anno, tra metà maggio e metà giugno. Finché, in seno all’Alta scuola delle scienze agrarie, forestali e alimentari (HAFL) di Zollikofen (BE), non è sorta un’idea: perché non reperire le giovani bestie rannicchiate nell’erba alta tramite dei droni dotati di fotocamere termiche? Nel canton Vaud, l’idea ha sedotto cacciatori, agricoltori e piloti. Dopo un test positivo nella regione della Côte, nel 2017, l’azione s’è sviluppata su scala cantonale lo scorso anno. E dal 2019 gli sforzi di tutti questi attori si sono concentrati, dando vita alla fondazione Sauvetage Faons Vaud, posta sotto l’egida della Diana e presieduta da Raymond Bourguignon. Quest’ultimo riferisce sugli sviluppi, tanto soddisfacenti quanto recenti: «Il nostro problema iniziale era soprattutto il costo del materiale. Un appello alle donazioni, lo scorso anno, ci ha permesso d’acquistare 5 droni e una fotocamera termica».
Prométerre, l’associazione di difesa dei loro interessi, 237 agricoltori vodesi hanno sol- lecitato gratuitamente l’aiuto della fondazione lo scorso anno. Per umanità, ma anche per interesse: «Le falciatrici con taglio a forbice mutilavano i cerbiatti, le nuove falciatrici rotative tritano gli animali e la loro carne genera dei batteri nocivi per la qualità del foraggio», spiega Raymond Bourguignon. Qualunque sia la motivazione, le cifre per il 2018 parlano chiaro: 446 prati sorvolati, 254 cerbiatti salvati. E dato che su scala nazionale l’azione suscita delle vocazioni sotto forme diverse, il presidente di Sauvetage Faons Vaud ritiene, per estrapolazione, che il ricorso ai droni equipaggiati con fotocamere termiche permetterebbe di preservare almeno 3000 giovani vite animali ogni anno.
Per molti aspetti, e il SAS lo illustra bene, le prospettive offerte dai droni nel soccorso alpino sono solo agli inizi. A testimoniarlo una realtà sorprendente rivelata presso l’aerodromo di Sion: qui, per ora, il mezzo volante serve perlopiù a localizzare degli animali di compagnia – soprattutto cani – smarriti durante le gite. Ma comunque l’essere umano non perde la sua importanza e dovrebbe beneficiare dei progressi tecnologici. Air Glaciers è infatti partner di Nivitec, una start up di Sion che sviluppa attualmente un drone autonomo di ricerca delle vittime di valanghe, battezzato «Snow». L’apparecchio propone non pochi vantaggi, tra i quali delle fotocamere di bordo che permettono una visione globale della zona d’intervento e un dispositivo per individuare le vittime di valanghe. «Attualmente è in fase di test, ma dovrebbe essere disponibile nel prossimo inverno», si rallegra Pascal Gaspoz.
Questo dispositivo è un aiuto atteso con impazienza anche da Rolf Gisler, che spera vi siano altri progressi tecnologici: «L’affidabilità degli apparecchi dev’essere migliorata in caso di basse temperature, di forte vento o di elevata umidità. Infine, il volo dovrebbe essere meno dipendente dal GPS e sarebbe auspicabile poter esplorare grotte, crepacci o gole».
TESTO Jérôme Lathion | FOTO Sandro Techthaler
La fondazione vodese Sauvetage faons Vaud utilizza droni per proteggere la fauna selvatica
Scopra le loro attivitàFOTO Keystone
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