Nessuno sospette- rebbe quante trouvaille del mondo dei trasporti si nascondono in una vecchia armeria nei pressi del comune lucernese di Rain. Uno sguardo attraverso la graticciata dà un’idea della mole di oggetti riposti nei due vasti edifici, protetti da grossi teloni. Daniel Geissmann varca il portone e ci scorta attraverso il deposito distaccato del Museo svizzero dei trasporti, grande 50mila metri quadrati.
Come responsabile esposizione e collezioni, Daniel Geissmann deve orientarsi fra i tantissimi oggetti repertoriati, il che non è poi scontato: sono quasi 9000 che documentano l’evoluzione della mobilità, fra rarità e curiosità, vetusti monopattini, autovetture vintage blasonate fino a locomotive. Aspettano di essere svelati e ammirati, prima o poi, al Museo dei trasporti, che ogni anno attira fino a 900 000 visitatori. Geissmann passa a Rain due volte alla settimana. Oltre a controllare regolarmente che tutto sia in ordine, è qui che riceve i nuovi arrivi e svolge le formalità necessarie perché possano essere immessi nel deposito. Informatico di mestiere, da dieci anni lavora al Museo. Spetta a lui valutare i pezzi e definirne le modalità di conservazione: «Possiamo effettuare piccoli lavori di manutenzione, ma non siamo attrezzati per smontare e riparare interi motori», precisa il responsabile. Talora occorrono però ampi restauri, che vengono affidati ad officine esterne. La raccolta comprende comunque una ventina di auto- mobili perfettamente funzionanti, che vengono portate fuori ad intervalli regolari o utilizzate per eventi e mostre fuori sede. I curatori non hanno ambizioni collezionistiche nel senso di voler raggruppare gamme complete di determinate marche, si tratta piuttosto di salvare dall’oblio tecnologie o prodotti che hanno svolto un ruolo incisivo nella mobilità del nostro paese. «Nel padiglione dedicato al traffico stradale, il quale ospita un’ottantina di veicoli, vogliamo raccontare storie», dichiara Geissmann.
Per entrar a far parte delle collezioni del Museo dei trasporti, sia esposte al pubblico che immagazzinate, l’oggetto deve avere rilevanza storica e avere un nesso con la Svizzera. «Comunque non acquistiamo, accettiamo donazioni e contributi di benefattori», sottolinea Daniel Geissmann. Ne è un esempio una delle sue vetture predilette, una limousine corvina del leggendario binomio Hispano-Suiza costruita per il monarca spagnolo. Il proprietario aveva stipulato nel suo testamento che voleva lasciarla al Museo dei trasporti. Un vero colpo di fortuna è stata anche la donazione della collezione Monteverdi, un gioiello dell’ingegneria automobilistica nostrana. È inoltre orgoglioso di poter presentare un modello preserie della Microlino: il Museo dei trasporti si ripropone infatti di illustrare non solo passato e presente, ma pure sviluppi a venire, come la mobilità elettrica. La varietà dei veicoli custoditi negli edifici a Rain è impressionante. Fra gli stalli, ben protetta da un telo, si trova un’autentica chicca, particolarmente cara a Geissmann: un’Alfa Romeo 8C con numero telaio 1.
Testo e foto: Felix Maurhofer
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