Tre amici, un vecchio Ciao e un’avventura: un viaggio di scoperte in sella a uno dei motorini più iconici degli anni ’70, partito da una chiacchierata tra appassionati e alla conquista di paesaggi mozzafiato. Loris, Alain ed Enzo, giunti con i loro ciclomotori al TCS di Rivera, ci hanno raccontato come il Ciao si è trasformato in un compagno di viaggio per un tour alla scoperta della Svizzera e dei paesi limitrofi.
Da quanto vi conoscete e com’è nata l’idea di affrontare un tour di montagna in sella ai mitici Ciao?
Ci conosciamo da diversi anni, inizialmente il lavoro ci ha fatti avvicinare e la passione condivisa per il motorino ci ha uniti in una solida amicizia. Da giovani, come tanti ai nostri tempi, eravamo appassionati di motorini e passavamo il tempo a guidare i nostri Ciao e a sistemarli, con il tempo poi siamo passati a motori più potenti come moto e auto, tralasciandoli. L’amore per i motori è stato trasmesso anche alle nostre figlie (di Loris e Alain) e ovviamente a 14 anni è cresciuto in loro il desiderio di guidarne uno. Così abbiamo acquistato i nostri famosi Ciao e li abbiamo sistemati per loro, facendo riaffiorare il nostro vecchio amore e finendo per comprarne altri due per noi. Ci siamo aiutati a vicenda per sistemare i motorini delle nostre figlie ed è anche grazie a questo spirito di squadra che siamo riusciti a rimettere a nuovo tutti i nostri mezzi mantenendo la maggior parte dei componenti originali. Enzo invece ha avuto il Ciao targato GE 81 dal suo suocero di Ginevra.
Che giri avete fatto?
Il primo giro l’abbiamo fatto nel 2023 e abbiamo viaggiato per la Svizzera e nei paesi confinanti: siamo passati dalle Centovalli, dal Sempione percorrendo il Vallese, poi dalla sponda francese del lago Lemano e siamo andati fino a Ginevra. Abbiamo continuato verso Montreux poi siamo andati a Basilea, dopodiché siamo usciti in Germania e siamo rientrati da Sciaffusa e, passando per Liechtenstein Landquart e Davos, siamo arrivati sul passo del San Bernardino. Abbiamo fatto 1149 km in 6 giorni. In media facevamo 180/200 km al giorno. La tratta più lunga è stata la partenza da Lamone a Saxon (Canton Vallese), circa 240 km, tra l’altro sotto la pioggia. Il secondo giro l’abbiamo fatto l’anno successivo in Italia. Siamo partiti alla volta di Bormio poi, passando dal passo dello Stelvio e dal passo Sella, siamo arrivati in Val di Fassa nel Trentino, abbiamo proseguito verso Valdobbiadene, Treviso, Castelfranco Veneto, dove ci siamo fermati a salutare i genitori di Enzo, per poi continuare verso Bassano del Grappa. Infine, dopo aver raggiunto il Lago di Garda siamo rientrati in Svizzera.
Il Ciao non è esattamente un mezzo da «passo alpino»: quale salita vi ha fatto sudare di più?
Due salite importanti durante il secondo giro: il passo dello Stelvio e il passo Sella.
Avete avuto momenti in cui avete pensato «ma chi ce l’ha fatto fare»? Se sì, dove?
L’abbiamo pensato verso le 20:30 sul passo Sella che era già buio, in più avevamo sbagliato strada e sembrava dovessimo prendere i ramponi per superare una salita con la pendenza del 20%… Anche a metà dello Stelvio, che ha una pendenza abbastanza regolare, al massimo del 12%. Il problema era che ad ogni semaforo rosso di cantiere bisognava ripartire da fermi, il Ciao perdeva giri motore e ripartire diventava complicato. Considerate poi che oltre ai vari pezzi di ricambio per i nostri Ciao, avevamo anche dei bagagli che aggiungevano peso da trasportare (oltre al nostro).
Cosa vi ha sorpreso di più durante il viaggio?
Moltissimi posti ci hanno stupito, li vedi tutti in un’altra maniera perché vai più piano, è come quando vai in bicicletta. Anche rispetto alla moto, hai più tempo e ti guardi in giro. La cosa bella è che ci si ferma dove si vuole e si ammira il
panorama in punti in cui una macchina non potrebbe accostare, ed è proprio questa l’essenza del viaggio.
Che reazioni avete ricevuto da chi vi vedeva passare su questi motorini vintage in piena montagna?
La gente ci riservava molte attenzioni e gli episodi emozionanti sono stati diversi, in tutti i posti in cui arrivavamo ci guardavano stupiti. Ad esempio in vetta allo Stelvio era pieno di moto, molte delle quali di grossa cilindrata, ma nonostante ciò tutti guardavano i nostri Ciao. Si facevano anche le foto sul nostro motorino. Tanto stupore anche da parte delle forze dell’ordine e dei ciclisti. Ciò che invece ci spaventava maggiormente erano i camion, non per la loro stazza ma perché utilizzavano il loro clacson molto forte per salutarci. Siccome non ce lo aspettavamo, ad ogni clacsonata saltavamo sulla sella dallo spavento.
C’è stato un momento “da film” che porterete sempre con voi?
Durante una salita, uno dei motorini si è spento all’improvviso e ci siamo tamponati. In un’altra occasione invece, ci siamo persi in una rotonda, girando più volte per scegliere l’uscita giusta. Alla fine, abbiamo bloccato il traffico della rotonda e tutte le auto erano ferme alle cinque entrate per guardare cosa stavamo combinando e ci hanno agevolato.
Dopo questo tour, il Ciao è diventato un compagno d’avventure o resta una pazzia da una volta nella vita?
Il Ciao è un compagno sempre presente, perché spesso lo usiamo anche per recarci al lavoro. Oltre alla quotidianità ti dà anche l’opportunità di fare queste esperienze, cambiare aria, staccare dalla routine e viverti il viaggio. Sei tu con il tuo motorino, vai un po’ dappertutto e sei libero di girare dove vuoi.
Adesso abbiamo questa tradizione, a inizio settembre partiamo in sella al nostro “Moz” per una settimana alla scoperta di nuovi posti, anche sotto la pioggia, non ci fermiamo davanti a niente (nel primo viaggio su sei giorni, cinque ha piovuto).
Per l’itinerario di quest’anno stiamo ancora valutando dove andare, l’idea è Val d’Aosta o Corsica, o forse Isola d’Elba, la meta non è ancora decisa ma sicuramente non possiamo mancare alla nostra nuova tradizione.