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26.01.2024

Asfalto sostenibile per le strade di domani

Riciclato, silenzioso, innovativo: nostro dossier speciale sulle pavimentazioni stradali.
26 gennaio 2024

Il traffico stradale è considerato una delle peggiori fonti di inquinamento acustico di cui soffrono molte persone. Sulla scia del riscaldamento globale i problemi di salute causati dal calore stanno aumentando,e le superfici asfaltate in particolare si stanno rivelando problematiche. Un nuovo tipo di rivestimento potrebbe così porvi rimedio.

La ricerca è iniziata e forse si possono trovare in molte cave di ghiaia in Svizzera: pietre chiare che si legano bene al bitume e, quando vengono incorporate nello strato superficiale delle strade asfaltate, assorbono il suono e in più riscaldano meno rispetto a quelle del passato. Il tecnico acustico Erik Bühlmann e altri ricercatori e costruttori di strade hanno scoperto che il granulato lavorato artificialmente, chiamato Granusil, possiede queste importanti proprietà. Nell’ambito di un progetto sostenuto dalla Confederazione e dai cantoni di Berna e Vallese, hanno analizzato venti diverse superfici stradali per verificarne le proprietà fonoassorbenti e di raffreddamento. Le strade di Berna e Sion sono state per così dire incipriate con pietre bianche, oppure l’asfalto è stato dipinto di un colore chiaro. Mentre la ghiaia chiara sparsa sullo strato superficiale non ha avuto successo, perché le pietre non hanno aderito abbastanza bene e si sono staccate, i granuli incorporati nello strato superficiale hanno dato buoni risultati. Anche se innumerevoli gomme nere ci sono passate sopra, il manto stradale è rimasto sempre bianco e non è stato abraso dai pneumatici, mantenendo così l’aderenza necessaria per la sicurezza. L’unico svantaggio è che i granuli devono essere trasportati per centinaia di chilometri dalla Francia. «Gli obiettivi climatici in Svizzera sono stati fissati. Occorre ridurre al minimo i percorsi di trasporto», afferma Erik Bühlmann, che dirige il dipartimento di Ricerca e Sviluppo della società di ingegneria Grolimund + Partner AG.

Una caccia al tesoro nelle cave di ghiaia

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Resistenza al carico del traffico. Erik Bühlmann e altri ricercatori testano dodici tecnologie sulla Neue Murtenstrasse a Berna.

L’obiettivo di un progetto di trenta mesi, finanziato dall’USTRA ed esteso alle città di Zurigo, Lucerna e Losanna, è trovare pietrisco con le stesse proprietà in Svizzera. «A tal fine, ci stiamo recando nelle cave di ghiaia delle varie regioni e stiamo invitando altre città a partecipare al progetto per ampliare, per così dire, il nostro territorio di caccia», spiega Erik Bühlmann. Da studi empirici sappiamo quali rocce si legano bene al bitume. Tuttavia, la ricerca si presenta molto impegnativa. Se un tipo non soddisfa gli elevati requisiti per le superfici stradali, è utilizzabile per piazze e marciapiedi. A causa del riscaldamento globale, i problemi di salute legati al calore stanno aumentando anche in Svizzera. Nelle cosiddette mappe del calore, non solo le strade ma tutte le superfici asfaltate delle città e dei comuni risultano essere i luoghi più caldi con temperature così elevate da raffreddare difficilmente di notte. I test hanno dimostrato che grazie allo strato superficiale di Granusil, le strade si sono riscaldate di circa sei gradi in meno rispetto alle superfici stradali convenzionali. «Una superficie porosa e un colore chiaro assorbono meno calore e riflettono meglio la luce del sole», spiega ancora Bühlmann.

Problema del rumore non ancora risolto

Grazie alla texture fine della superficie (4 millimetri circa) con minuscole cavità, inizialmente il suono si riduce di 6 decibel. In seguito, quando i pori della pavimentazione si ostruiscono, sono comunque garantiti 3 decibel. In termini di rumore ciò equivale ad un dimezzamento del volume di traffico, con conseguenze positive sulla qualità del sonno della gente. Il rumore è un grosso problema in Svizzera, paese densamente popolato e ricco di strade. Secondo l’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), in Svizzera una persona su sette è esposta in modo permanente al rumore e ogni anno si verificano circa 500 decessi dovuti all’eccessivo inquinamento acustico. Dal 1987, la Confederazione, i Cantoni e i Comuni hanno l’obbligo di risanamento fonico delle strade. Da tempo, ad esempio, le superfici fonoassorbenti vengono installate di serie al momento della costruzione o ristrutturazione delle strade nazionali. Tuttavia, nonostante il settore pubblico abbia speso miliardi in contromisure e la ricerca sulle superfici fonoassorbenti si sia notevolmente intensificata dal 2008, circa un milione di persone soffre ancora a causa di emissioni acustiche dannose o fastidiose nel luogo in cui vive, secondo le informazioni dell’UFAM.

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I migliori risultati sono stati ottenuti sostituendo gran parte dell’aggregato con Granusil.

Uno degli svantaggi delle superfici stradali fonoassorbenti è che durano la metà rispetto ai rivestimenti tradizionali. La velocità di invecchiamento dipende dalla consistenza, dalla qualità della pavimentazione e della costruzione della strada, dal clima, dall’altitudine, dall’intensità del traffico e dal grado di sporcizia. «Il manto che abbiamo testato con successo presenta cavità molto sottili che impediscono la penetrazione dello sporco nella maggior parte dei casi. E nei pochi casi in cui penetra, gran parte di esso viene eliminato quando sulla superficie viene spruzzata acqua ad alta pressione che poi viene risucchiata», osserva Erik Bühlmann.
E quali sono i costi di questa pavimentazione fresca e poco rumorosa, a cui tutti i comuni dovrebbero essere molto interessati? In particolare essendo, insieme con i cantoni, responsabili dell’attuazione di misure antirumore laddove gli interventi sono possibili. «Finora abbiamo lavorato con pietre provenienti dalla Francia, che attualmente costano tra il 10 e il 20 per cento in più delle pavimentazioni convenzionali. Tuttavia, una volta che avremo a disposizione ghiaia dalla Svizzera e produrremo maggiori quantità di granulato, il prezzo tenderà a diminuire», prevede Erik Bühlmann. E non solo. Infatti bisogna anche considerare che la nuova superficie rende superflue le costose barriere antirumore e le finestre fonoisolanti e contribuisce, ultimo ma non meno importante, a diminuire i costi sanitari grazie alla riduzione dell’inquinamento acustico.

Una storia millenaria

  • 6000 a.C. Mesopotamia. Prime tracce dell’uso di bitume. I sumeri lo impiegano come materiale da costruzione e sigillante per maioliche e imbarcazioni.
  • 2000 a.C. India ed Europa. Il materiale serve ad impermeabilizzare ­bagni, canali e argini.
  • 100 a.C. Impero romano. Salvo a Pompei, dove le strade sono ricoperte con malta bitumosa, i Romani preferiscono il catrame di legno.
  • 6°–15° secolo Medioevo. Il bitume perde importanza. Continua ad essere applicato soltanto a scopi medicinali.
  • 15° secolo Impero inca. In Sudamerica il liquido di color scuro, più o meno denso e viscoso, viene impiegato come materiale da costruzione e medicinale.
  • 1595 Trinidad. Un gran lago d’asfalto naturale (Pitch Lake) viene scoperto casualmente oltre 400 anni fa dal navigatore ed esploratore inglese Sir Walter Raleigh. A tutt’oggi il materiale che scaturisce dalla terra nei pressi di La Brea è richiesto per pavimentazioni stradali in tutto il mondo.
  • 1711–1797 Scoperte in Europa. Nel 1711 vengono alla luce grandi giacimenti d’asfalto in Val-de-Travers in Svizzera, nel 1756 a Lobsann in Alsazia e nel 1797 quelli di Seyssel in Alta Savoia.
  • 1835 Parigi. L’asfalto colato (mastice, bitume e pietre di varia granulometria) viene usato per la prima volta per i marciapiedi del Pont Royal nonché del Pont du Carrousel, e successivamente pure nelle costruzioni stradali.
  • 1854 Parigi. Sempre nella capitale francese viene costruito il primo tratto di strada compresso in Rue Bergère. Londra, Vienna e Berlino ne seguiranno l’esempio verso il 1870.
  • Anni 1870 USA. Oltre Atlantico si sviluppano superfici con asfalto rullato (a strati compattati con rullo compressore). In Europa questa procedura verrà adottata solo nel 20° secolo.
  • 1907 USA. Messa in esercizio dei primi impianti di miscelazione dell’asfalto.
  • Anni 1920 Berlino L’AVUS (dal tedesco ­Automobil-Verkehrs- und Übungsstrasse), reclama il titolo di prima autostrada ­progettata ed aperta al traffico in Europa. È asfaltata.
  • Dal 1950 Europa. Con l’aggiunta di ad­ditivi speciali diventa possibile stendere l’asfalto a freddo.
  • 1963 Inghilterra. Negli aerodromi si usa l’asfalto drenante (a pori aperti) che favorisce il rapido deflusso dell’acqua piovana dalle piste di decollo e atterraggio. È qui che se ne scoprono le proprietà fonoassorbenti.
  • Inizio anni 1970 USA. Primi impieghi dell’asfalto riciclato.
  • Anni 1980 Germania. Per rispondere alle crescenti richieste di riduzione delle emissioni sonore vengono intensificati gli sforzi che portano allo sviluppo di asfalto antirumore.
  • Anni 1990 Svizzera. Asfalti a pori aperti (PA) vengono posati soprattutto sulle autostrade.

«Lavoriamo ancora con metodi di prova che hanno più di cent’anni»

Il lettone si è occupato di asfalto già nella sua
tesi di master e ha conseguito il dottorato in
ingegneria stradale negli USA. Dal 2016 il
38enne svolge ricerche presso l’Empa nell’ottica
di aumentare la percentuale di materiale riciclato
nell’asfalto (RAP).

Riutilizzare il vecchio asfalto costa meno ed è più ecologico che produrne di nuovo. Intere discariche aspettano solo di essere sgomberate. Il ricercatore dell’Empa Martins Zaumanis spiega cosa ostacola il riciclaggio di questo materiale.

Ogni anno in Svizzera finiscono in discarica 750 000 tonnellate di asfalto rimosso. Come si possono smaltire queste montagne?
Martins Zaumanis: Qui da noi recuperiamo già molto asfalto. Rispetto ad altri paesi, la Svizzera si trova avanti. Il problema è che la nostra rete stradale è in gran parte in buone condizioni, per cui quasi nessuna strada viene riasfaltata. Riusciremo a svuotare questi depositi soltanto se impiegheremo ancora più asfalto rigenerato per risanare le strade esistenti e mantenerle in buone condizioni.

Già oggi l’asfalto riciclato può essere inserito al 100% negli strati di fondazione, all’80% negli strati base e al 40% negli strati di usura. Perché dunque resta ancora così tanto asfalto vecchio?
In teoria è possibile riciclare il 100% dell’asfalto di demolizione, ma spesso nella pratica è meglio includerne meno nelle nuove miscele. Molti produttori svizzeri potrebbero riutilizzare grandi quantità di asfalto rigenerato (RAP), ma ci sarebbe bisogno di nuovi metodi di test, che però mancano. Ancora oggi si lavora con il metodo di verifica della penetrazione dell’ago, che è stato sviluppato più di cent’anni fa. Metodi così semplici sono sufficienti se si deve miscelare nuovamente solo una piccola parte di asfalto vecchio, ma non grandi quantità.

Montagne nere Una delle 151 discariche in
Svizzera dove si accu­mulano i rifiuti d’asfalto.

A che punto si è con la ricerca e lo sviluppo di nuovi metodi?
Ci sono metodi di prova basati sulle prestazioni in cui credo molto. Invece di esaminare separatamente – come si fa ora – i singoli componenti, cioè i materiali rocciosi e il legante dell’asfalto ­rimosso con quelli nuovi, essi permettono di testare integralmente il conglomerato bitumoso per individuare eventuali fessure o una sufficiente resistenza ai solchi. Ad esempio, il cosiddetto Wheel Tracking Test viene utilizzato sull’asfalto per le strade molto trafficate e individua se si stanno formando dei solchi. Purtroppo in Svizzera non si fanno regolari prove di fessurazione per i tipi di asfalto più utilizzati. Queste devono essere ancora sviluppate. Un’altra questione importante che si pone è come rendere nuovamente morbido il bitume, in modo che l’asfalto possa essere riutilizzato. Finché si sono usate soltanto piccole quantità non ci si è posti molte domande. Mancano soluzioni a tutti i livelli del riciclaggio del vecchio asfalto, già a partire dal processo di fresatura.

Può essere più preciso?
Dobbiamo chiederci se stiamo già svolgendo questo processo nel migliore dei modi. In Olanda, ad esempio, gli strati di usura vengono spesso separati dagli altri strati e immagazzinati separatamente. Anche i materiali provenienti da superfici speciali, come l’asfalto a pori aperti, vengono spesso conservati a parte. In Svizzera non abbiamo semplicemente lo spazio per farlo. Quando rimuoviamo l’asfalto dalle strade dobbiamo anche conoscerne l’età e tutto quello che contiene. A mio avviso, uno dei maggiori problemi con il processo di riciclaggio è che non disponiamo di una soluzione tecnologica per testare rapidamente l’asfalto rigenerato e determinarne il miglior utilizzo.

Strada trafficata. Ad Uster il RAP è stato integrato
nello strato di usura senza problemi o perdite di
prestazioni.

Sicuramente ci state lavorando.
È un obiettivo che mi sono prefissato, ma i produttori di asfalto fanno ancora fatica a scomporre il conglomerato in rocce e leganti, in modo da poter testare il vecchio asfalto.

Ma l’asfalto rigenerato è davvero adatto allo stesso modo per ogni strato?
Viene utilizzato meno per lo strato superiore, che dev’essere della massima qualità, aderente e, a seconda del luogo, poco rumoroso. Ma si potrebbe fare diversamente. Siccome lo strato superiore dell’asfalto è soggetto a forte usura, si utilizzano solo i materiali migliori. Si impiega spesso il bitume polimero (prodotto industrialmente con materie plastiche, ndr). La maggior parte delle nuove miscele ne contiene circa il 3%. E siccome il bitume presente nell’asfalto rimosso non è di solito modificato con polimeri, non lo si usa per lo strato superiore. In un progetto cui sto lavorando con alcuni colleghi ricercatori dell’Empa, abbiamo realizzato una combinazione con metà di nuovo pietrisco e di asfalto rimosso e vi abbiamo aggiunto il 6% di polimeri. La nuova miscela che ne risulta contiene quindi in totale il 3% di polimeri. Nello strato superiore del nostro tratto di prova a Uster è stato posato il 30% di asfalto rigenerato e ha funzionato bene.

Quante volte si può riutilizzare l’asfalto?
Almeno tre volte, come hanno dimostrato le nostre ricerche. E se all’asfalto riciclato si aggiunge una certa quantità di nuovi materiali, probabilmente sarà possibile riutilizzarlo ogni volta che sarà necessario.

Qualcosa si muove nella giungla di asfalto

Basilea Città testa il biochar sui manti stradali. I risultati sono positivi: il CO₂ viene fissato al suolo in modo permanente e questo asfalto «verde» sembra essere qualitativamente migliore dei rivestimenti convenzionali.

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Quartiere St. Alban (BS). Per la prima volta il biochar è stato inserito regolarmente nel rivestimento stradale.

A Basilea Città alberi e cespugli rinascono a nuova vita. Infatti, una volta appassiti o potati, da essi viene estratto il biochar. Chiunque sia stato attento durante le lezioni di biologia sa che le piante assorbono aria, acqua e carbonio dall’aria per produrre, tra le altre cose, glucosio. E quando le piante muoiono, il carbonio viene nuovamente rilasciato. Se i rifiuti organici vengono pirolizzati in biochar a temperature comprese tra 450 e 750 gradi Celsius, bruciando così gran parte dell’ossigeno, il carbonio può essere immagazzinato. A Basilea Città viene sottratto per molto tempo al ciclo degli idrocarburi, incorporando biochar negli strati di base e negli strati di collegamento delle pavimentazioni stradali. Il processo è ancora relativamente complesso. Il biochar viene trasportato in sacchi all’impianto di betonaggio e qui aggiunto a mano alla miscela di asfalto, che attualmente contiene il 50% di asfalto rigenerato RAP (Reclaimed Asphalt Pavement, ovvero asfalto vecchio, ndr.). Il primo test è iniziato nel settembre del 2022 su una superficie di prova di 450 metri quadrati in un grosso centro di smistamento rifiuti ad Allschwil. Ad ogni tonnellata di asfalto sono stati aggiunti 20 chilogrammi di biochar. In totale sono state posate 86 tonnellate di asfalto e impiegati circa 1700 kg di biomassa carbonizzata. «Attualmente una tonnellata della nuova miscela fissa in modo permanente l’equivalente di circa 55 kg di CO₂», spiega Michael Schweizer, responsabile strade e infrastrutture del Dipartimento delle costruzioni del Canton Basilea Città. «Questo nuovo rivestimento è di altissima qualità, soddisfa tutti i requisiti delle norme svizzere sull’asfalto e a medio termine dovrebbe costare solo il 10–15% in più delle comuni pavimentazioni stradali», aggiunge l’ideatore del progetto «asfalto verde» che coinvolge, oltre al cantone, l’istituto di tecnologia dei materiali ViaTec Basel AG e la Industrielle Werke Basel.

Meno solchi

Simplon
Un addetto controlla la temperatura dell’asfalto prima di procedere alla stesura nella Reservoirstrasse a Basilea.

Il nuovo asfalto convince anche per le sue buone caratteristiche tecniche, come la minore tendenza alla formazione di solchi, tanto che viene già utilizzato su un chilometro di strada nel Canton Basilea Campagna. A Basilea Città è stato usato in alcuni punti del quartiere St. Alban e tratti della Reservoirstrasse e prossimamente verrà utilizzato sulla Freiburgerstrasse. Data la matrice del rivestimento più rigida, potrebbe avere anche una durata di vita maggiore. È comunque vero che l’asfalto contenente biochar richiede più energia durante la posa rispetto alle miscele convenzionali. Secondo le informazioni del Dipartimento delle costruzioni di Basilea Città, la produzione di una tonnellata di asfalto biochar (50% di asfalto riciclato) provoca l’emissione di 33,5 chili di CO₂e (equivalenti di CO₂), ma alla fine ne vengono fissati 35 chilogrammi. A conti fatti, il bilancio di CO₂e risulta negativo nella misura di 2,5 chilogrammi. Inoltre, l’asfalto biochar può essere riciclato senza rilasciare CO₂e.

Basilea Città pioniere

Da qualche anno c’è grande entusiasmo per l’impiego di biochar in agricoltura, perché funge da spugna per le sostanze nutrienti e da habitat per i microrganismi. Alcuni lo considerano una specie di salvatore del clima, perché la CO₂ che contiene viene tolta dall’atmosfera per un lungo periodo di tempo. Sono in corso esperimenti anche con il biochar nel calcestruzzo. Qui da noi è già disponibile materiale da costruzione a CO₂ ridotto, ma Basilea Città fa da apripista in Svizzera con la biomassa vegetale carbonizzata nell’asfalto. Il cantone vuole rivestire un ruolo pionieristico in materia di sostenibilità e diventare clima neutrale entro il 2037, combinando la riduzione delle emissioni e l’eliminazione di CO₂ dall’atmosfera attraverso l’utilizzo di tecnologie a emissioni negative. La produzione di miscele di asfalto verde offre un altro vantaggio: la pirolisi ha bisogno innanzitutto di energia, che viene poi nuovamente rilasciata e immessa nella rete di teleriscaldamento cantonale. In definitiva, un chilo di biomassa vegetale produce un kilowattora di teleriscaldamento e 170 grammi di biochar.

Testi: Juliane Lutz
Foto Dan Riesen/OFEB, Grafik Energie- und Ressourcen-Management GmbH, Martins Zaumanis, Tiefbauamt Basel-Stadt, Keystone

Asphalte

L’oro nero della Val de Travers
Fino alla prima guerra mondiale, le miniere di asfalto di La Presta, in Val-de-Travers (NE), erano fra le più grandi e importanti al mondo. Da tempo in disuso, sono ora diventate museo.

Nel 1711, un medico greco scoprì dei depositi di asfalto nella Val-de-Travers. Ini­zialmente utilizzato per scopi medicinali, il materiale fu poi estratto a fini commerciali. Il boom esplose quando la britannica Neuchâtel Asphalte Company Ltd (NACO) ne assunse il controllo nel 1873. Sino al 1913, un quinto della produzione mondiale di asfalto proveniva da La Presta. La prima guerra mondiale causò un crollo dell’attività e nel 1967 il mercato delle esportazioni si era praticamente fermato. Oggi i visitatori vi scoprono un tesoro, di tipo culinario: così nel Café des Mines potranno assaggiare il prosciutto cotto nell’asfalto, un piatto probabilmente unico al mondo. Gli operai che lavoravano sottoterra lo gustavano il 4 dicembre per la festa in onore di Santa Barbara, patrona dei minatori.
mines-asphalte.ch

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